Claudia Modena Burattin
opera 1° classificata
L’approdo
Il dolore ha rotto gli argini
e il vento dell’anima spinge le vele.
Non so se sono Ulisse oppur Penelope…
Sconosciuto mi è l’approdo
e quando vi giungerò,
ma non sono più,
prigioniera di un sogno.
Anna Mantovani
opera 2° classificata
Arrivederci nonna
Quante volte ho sospirato
Sentendoti raccontare cose dei tuoi tempi
Già sentite mille volte
Quante volte ho sbuffato
Perché dovevo fare delle cose per te
Ed ero stanca
Da un po’
Non parlavi più
Non chiedevi più
Solo i tuoi occhi a farci capire
Quanto eri stanca del dolore
Ma il tuo sorriso era sempre lì
Ora che non ci sei più
E vorrei ancora sentire i tuoi racconti
Guardo in cielo
Là, mi sembra di vedere ancora
I tuoi occhi azzurri
Non più tristi e stanchi
Ma sereni e pieni di luce
Arrivederci nonna
Liliana Zinetti
opera 3° classificata
La vita, appena
A Francesca, Silvia e Daniele
Io ho sbancato la vita, figlio,
ma non ti lascio possedimenti
o conti in banca a più zeri.
Ti lascio le parole,
parole come stelle alpine
parole come aquiloni.
E non so spiegarti la vita,
la vita che è schianto e volo,
soffio di un Dio inscrutabile.
So solo che conoscerai il dolore
e ti morderà a volte feroce,
e la malinconia, grigia come
un impalpabile velo di nebbia
e il lago immoto della noia.
Conoscerai la solitudine,
sempre pronta a farti compagnia
e l’incertezza e lo sconforto.
Conoscerai l’arroganza
di chi ha le tasche gonfie
e un cuore da predatore,
e la presunzione e l’egoismo
e l’indifferenza e la viltà.
Io ti lascio la trasparenza del cielo
e i sogni stretti tra le dita
e l’amore e la tenerezza
e i colori dell’alba
e la passione e il canto
e la luce delle stelle.
Ti lascio la vita, figlio,/abbine cura.
Ti lascio la vita:
la vita innamorata
la vita insensata
la vita che piange e che ride
la vita tormentata
la vita appassionata
- la vita, nonostante tutto, stupenda.
Sonia Polacci
opera 4° classificata
Attimi
Sapevo che dopo l’amore dei nostri corpi nudi,
al buio avrei cercato le tue labbra tumide
e,
in quel preciso istante,
proprio come il cielo nero segue da vicino la scia della stella cadente,
anche i miei più umani, egoisti e fragili pensieri,
sono scomparsi nelle tenebre più fitte.
Loriana Capecchi
opera 5° classificata
Adesso che il loro cammino
Adesso che il loro cammino
non getta più ombra
per strade di polvere bianca
io cerco a ritroso del tempo
ricordi di gesti e di volti.
E quasi d’incanto
si scioglie in carezza e dilegua
l’ultimo sguardo schivo di mio padre
avvezzo alla terra e al silenzio
che terge il sudore alla fonte
posando sul muro il cappello di paglia.
Fiorisce un sorriso:
mia madre in disparte
discreta presenza
che attende alla cena
e canta.
Canta mia madre soffiando sul fuoco
sospiri e speranze.
E cantano deposte le stoviglie
sulla tovaglia bianca di bucato.
Riverberi di fiamma alle pareti.
File di santi e foto alla credenza.
Vento di cielo fermo alla finestra
quando per me sarà l’ultimo giorno
nella cucina vecchia di memorie
/strada di luna scesa alla mia porta/.
Mi sosterrà la mano di mio padre
ed i capelli candidi di mamma
si scioglieranno serici in abbraccio
dolcemente avvolgenti al lungo viaggio.
Chiara Losèri Chiereghin
opera 6° classificata
Ritorno
Raggiungo il molo
con ali di bimba
e gioia di passi
attenti nell’antico gioco
di saltare le righe
tra le pietre.
Cammino nel vento
tra spruzzi di mare,
sale di lacrime
sulla gioia del ritorno,
pausa di un volontario esilio
dietro un amore
che mi colora i giorni.
Ancora ti respiro
aspra mia terra
così dolce al cuore
e tutta ti raccolgo
nello sguardo
per vestirmi di te.
Ecco laggiù la piazza
con dietro la collina.
Tra le case aggruppate
una mi chiama…
No. Da te non salirò
dolcissimo nido
della mia infanzia,
vuoto dei cari affetti
e non più mio.
Me ne starò seduta
sulla lucida bitta del molo
in compagnia del mare e della bora,
a ricordare…
Luciano Rossi
opera 7° classificata
Lomellina… Galeotta
Pensoso ricalco quel bianco cammino
di strada quieta in Lomellina,
segnata dai verdi foggi slanciati.
Tra gelsi ronzanti di api operose,
cammino tranquillo, nell’aria dorata,
tra campi deserti, di stoppie seccate.
Ricordo, Anna, il tuo dolce sorriso,
quel passo frusciante, bianco nel bianco,
quell’umore di luce, quell’anima d’aria,
quei passi silenti in corsia dolente
di muto ospedale…
Ora lascio Rosasco e proseguo nel sole.
Appare, alla curva, Langosco dormiente;
un latrare di cani risveglia le case,
sbatte un’imposta, un gallo s’infuria.
Solo, si sente il battito lieve
d’un lontano motore…
Giunge dai campi, oltre il fossato
di zitta corrente, la scampanare
dei giorni vivaci di festa campestre.
Mi specchio nell’acqua. Un canto si leva.
Il sibilo acuto d’un treno nascosto
lacera l’aria che sale vibrante
dal calor della fertile terra.
Dense, lontane, gonfie d’umore,
come comari, le nubi
osservan le donne avviate
al sagrato affollato… Candia m’appare.
Nel giorno incendiato da un sole che annuncia
un giorno d’estate, ripenso alla vita:
la fatica del crescere, il timor degli slanci,
tutto ciò che vorrei aver fatto e non feci.
Attiva è una voce in incerto bilancio:
l’aver scelto di fare il cammino con Te.
...Se la scelta fu mia!
Federico Nardi
opera 8° classificata.
Padre
Gracile ramo
In un albero ormai secco
Così mi lasciasti. Oh padre!
Prostrato al vento
Alle avversità, tra mille intemperie
Alla calamità dell’uomo.
Stagione, dopo stagione,
Foglia, ramoscello, arbusto
Ora quercia rugosa
Temprato, saldo e vigoroso
La tua pulita immagine
È scivolata via dalla mente.
Di tanto in tanto, guarda una fotografia
Me la imprimo, voglio rammentarti
Uomo mite, bello, forte e coraggioso.
Eppure carattere e muscoli
Non ti son bastati, purtroppo,
A fermare quel grosso grumo rosso
Che tappò quel caldo cuore in un mattino.
Energicamente tu lottasti, Padre,
Io lo so, lo sento, non volevi
Lasciare soli noi, teneri pulcini,
E la mamma, già tanto provata
Giovane giovenca, che tu ghiotto rubasti!
A te, grande amatore, non assomiglio
Però io voglio dirti che hai nipoti
Il primo della stirpe ti tiene in mente
Poiché il tuo caro porta addosso
Non so perché l’ho fatto, l’ho sentito…
Ora ti prego che sei in Cielo
Abbraccia forte tu le mie sorelle
Anch’esse come te più non distinguo
Ero assai piccolo. Ricordi padre?
Avevo tre anni e qualche mese appena
E l’altro tuo figliolo era appeso al seno!!
Rosella Valbonesi
opera 9° classificata
L’attesa
Vola la rondine
e svolazza la cornacchia
in questo cielo immoto,
orfano di stagioni,
e sono qui,
fra giullari e mercanti,
ad attendere
un tempo senza promesse
e senza inganni,
dimensione d’un immaginario
dai contorni liquefatti
nella nebbia del pianto.
Filippo Finardi
opera 10° classificata
Brillavano le lucciole
Era giugno brillavano le lucciole
camminavamo ogni sera lungo il sentiero
che costeggiava la casa dove due sorelle
sedevano davanti la porta nel cortile
a lavorar di ferro per maglioni d’inverno
gli zampironi accesi a scacciar zanzare
ridendo di noi che filavamo più volte
su e giù per lo stradone finché
veniva scuro e restava solo di tornare
a casa nel buio rotto dalla luna
fra l’odore dei tigli lungo i prati.
Poi veniva l’autunno e gialle le foglie
faceva freddo e le sorelle restavano
nella stanza con l’acetilene a raccontarsi
storie e forse sogni e noi fuori
a crogiolarci in discorsi e organizzare
incontri la Domenica a messa.